300 metri di memoria

le storie del territorio di Chiusi

Ecco un esempio del contesto in cui abbiamo messo in scena il copione:

300 metri di memoria 2021

1. C’ERA UNA VOLTA

ROBERTA
C’era una volta, tempo fa, in un
paese lontano, un gentiluomo vedovo
che viveva con la sua unica figlia.
Quando si risposò la poverina finì
al camino, fra la cenere e la
pentola.
IRENA
C’era una volta, tanto tempo fa, in
un paese molto lontano, una regina
che cuciva seduta accanto ad una
finestra. Si punse con un fuso e
tre gocce di sangue caddero sulla
bianca neve.
GIADA
C’era una volta, tanto tanto tempo
fa, in un paese molto molto lontano
una bambina, la più carina che si
fosse mai veduta. La sua mamma le
aveva cucito un bel mantellino col
cappuccetto rosso.
SARA
Ma io dico, una volta c’era sempre
nei paesi lontani? Qui vicino non
accadeva mai niente? Non si è mai
sentita una fiaba che inizi
dicendo: c’era una volta, qui a due
passi, un principe azzurro o una
principessa o un ranocchio, niente,
niente di niente.
SONIA
Eppure ogni terra ha le sue storie
da raccontare, storie accadute
tanto tempo fa, almeno una storia
per ogni “tanto” che si aggiunge.
Tanto tanto tempo fa, tre milioni
di anni, c’era su queste terre un
mare pliocenico. Cento metri di
acqua azzurra, calda, tropicale,
popolata da molluschi, balene,
delfini, squali e pesci di ogni
tipo. È notte e un branco di pesci
sciabola si raduna in caccia,
riuscite a vederli?
Ma attenzione, da predatore a preda
il passo è breve!
FABIOLA
Un temibile Barracudina affamato
risale in superficie.
“che occhi grandi hai” barracudina,
per guardarti meglio sciabola, che
branchie grandi hai barracudina,
per branchiarti meglio sciabola…
che bocca grande hai barracudina,
per abboccarti meglio sciabola,
apre le fauci e – sgnak! – se lo
mangia in un sol boccone.
Risultato? una terribile
indigestione. Il pesce ingordo
muore soffocato dalla sua stessa
preda.
ENRICO
Il Barracudina agonizzante discende
lentamente sul fondale: la fata
Natura lo conserva per 3 milioni di
anni, fossilizzato in una lastra di
sedimenti assieme alla sua preda.
Un giorno un principe dell’ordine
dei paleontologi trova la lastra e
vissero tutti felici e contenti al
museo di storia naturale di
Firenze.
CESARE
Volete sentirne un’altra? C’era una
volta un fiume indeciso che scese
in Valdichiana: il Clanis.
“Sì, cioè, no, non so… dunque io
dovrei cercare una strada per il
mare… non so se mi conviene andare
a nord … oppure a sud… come
faccio a decidere”. Parte verso sud
e dopo settanta chilometri incontra
il Paglia e diviene un affluente di
un affluente del Tevere.
Poi arrivano gli etruschi, che con
l’acqua ci sanno fare; grazie al
loro aiuto il nostro timidone
prende coraggio, diviene un fiume
navigabile! Nel suo viaggio verso
l’amico Paglia dona le sue acque
alle popolazioni per l’irrigazione
della valle e la città di Chiusi
inizia a prosperare!
FRANCESCA
Proprio sul più bello arriva il
Medioevo: c’è aria di crisi,
bisogna fare delle scelte.
Secondo voi i romani, con i barbari
alle costole, possono occuparsi
della manutenzione del Clanis?
Ma insomma il fiume va verso il
mare, da che mondo è mondo, che si
arrangi! Il Clanis, lasciato solo
ricade nella sua insicurezza: “c’è
nessuno? oh, mi si è rotto un
argine, ecco, non si trova mai un
romano quando serve” non sa più
dove andare e ad un certo punto… si
ferma… e se la fa tutta addosso…
MASCIA
La stavamo aspettando e finalmente
entra in scena l’antagonista di
questa fiaba, lei è brutta e
sporca, lei è cattiva pericolosa e
rude, tenetevi forte sta
arrivando… la palude!
Io sono l’acqua putrida e
marcescente che nessuno può più
bere, io sono i fanghi, gli
acquitrini, l’aria insalubre,
l’acqua stagnante, io sono la
palude del diavolo, io sono
l’inferno!
GIORGIA
L’eterna lotta tra il bene e il
male in Val di Chiana è la lotta
tra la palude e la bonifica! Ma è
anche la lotta tra il Granducato di
Toscana, lo Stato Pontificio e un
confine fatto di acqua! Non se ne
usciva, continuavano a litigare:
CLAUDIA
Il granduca fa deviare l’Astrone
per eludere il regolatore di
Butarone, il Tevere esonda e
Beccati questo! Allora il papa fa
costruire il Bastione di Clemente,
l’Astrone inonda il piano di Cetona
e Beccati quest’altro e allora
quelli fanno la guerra barberina e
questi distruggono il bastione e
basta!
NADIA
A un certo punto fanno la pace.
Ovvia su, meno male. Questi
costruiscono il callone di Valiano,
e quelli il callone pontificio.
L’acqua se ne va ed eccoci qua.
Grazie alla bonifica la valle ha
potuto accogliere prima la ferrovia
e poi l’autostrada del Sole.
Binari e asfalto costeggiano il
Clanis: sono un confine
invalicabile proprio come la
palude.
SANDRA
La ferrovia e l’autostrada
dicevamo, vie di comunicazione
fondamentali, come il Clanis al
tempo degli etruschi.
84 metri di c’era una volta, dal
mare pliocenico agli anni ’50 del
900. Quello che ci vuole è una
piccola pausa. Fermatevi pure in
questa grande sala d’aspetto.
Quando il resto del pubblico sarà
entrato affronteremo tutti insieme…
La curva.

2. LA CURVA

FRANCESCA
Correva l’anno 1956
MASCIA
Cosa aveva da correre poi con le
strade dell’epoca. Ma adesso cambia
tutto, costruiamo l’autostrada del
sole: Tiriamo una striscia
d’asfalto dritta da Milano, giù
fino a Napoli.
NADIA
Scusa non ho capito: semmai da
Napoli su fino a Milano. Perché
sempre prima il nord?
MASCIA
Non fare la permalosa. Si inizia
dall’alto e poi si scende
NADIA
Ma non stiamo facendo le pulizie,
che si parte dall’alto.
MASCIA
È la logica!
NADIA
La tua logica! E non mi piace.
Scorrono gli anni
E io parto da Sud!
MASCIA
Senti, io parto da Nord!
NADIA
NADIA (CONTINUA)
Che bella cosa l’autostrada ‘e sole
l’aria è serena dopo a galleria…
MASCIA
O mia bela autostradina, che
traversi lo stival, tota drita e
precisina, ti me portet a Milan
NADIA
O sole mio… o nebbia tua…
EFFETTO SONORO STACCO
FRANCESCA
Correva l’anno 1962
Popu canticchia “Andavo a cento allora” di Gianni Morandi
GIORGIA
Che hai da essere così felice,
Popu.
GIADA
Chi l’avrebbe mai detto che ce
l’avremmo fatta in così poco tempo,
Vetu!
Se lo dici tu, Popu
GIORGIA
GIADA
Hanno detto che l’autosole è
praticamente finita, Vetu
GIORGIA
Mi spieghi che ci facciamo qui sul
cavalcavia, alle nove del mattino,
Vetu?
GIADA
400 ponti, 38 gallerie, 760
chilometri d’asfalto in così poco
tempo, Popu. È un miracolo!
GIORGIA
Non sento il rumore delle auto, sei
sicura che sia aperta?
GIADA
15 milioni di giornate lavorative
GIORGIA
(arrabbiata)
Ma non dovrebbero passarci delle
auto in questa autostrada?!
GIADA
Si, in effetti è strano. Ma guarda
quei due pazzi!
GIORGIA
Ma che fate! Non potete
attraversare, ci sono le auto!
CESARE
Ma quali auto?!
(rivolto a Giorgia)
Vieni, giriamola qua davanti al
cartello
CLAUDIA
Bene, io inizio da te e poi faccio
un carrellata sulla strada fino al
cavalcavia
Della curva?!
CESARE
D’accordo, poi ci mettiamo una
musichetta tipo carillon che dia
l’idea del silenzio
CLAUDIA
Io sono pronto, tu ci sei?
tre due uno, azione.
Si vede lo spezzone di video in cui il giornalista dice:
“Siamo sul tratto tra Chiusi e Orvieto, quello ancora da
inaugurare. Sono le nove del mattino e come potete vedere
questa è ancora una strada deserta e silenziosa”.
GIADA
Cosa?
CESARE
Non lo sapevate? Di tutta
l’autostrada del Sole manca solo un
tratto da inaugurare: quello tra
Chiusi e Orvieto.
GIORGIA
E perché mai siamo gli ultimi?
CLAUDIA
Dicono che sia tutta colpa… Della
curva.
GIADA E GIORGIA
STACCO MUSICALE
NADIA
Cosa vuoi che sia una curva…
FABIOLA
Cosa?
NADIA
Una curva è una curva
SONIA
Io dico se puoi andare dritto vai
dritto. Perché curvare?
SANDRA
Perché la curva è poesia
SARA
È una retta che sogna
FABIOLA
Bella questa
SARA
Grazie
SONIA
Ma in linea retta arrivi prima.
FRANCESCA
Non è detto.Quando ti trovi davanti
un ostacolo la linea più breve tra
i due punti potrebbe anche essere
una curva
SONIA
Se lo dici tu
FRANCESCA
Lo dice Brecht
SONIA
Quello è peggio di Bertoldo
ROBERTA
Questa è una curva che ha fatto
discutere e litigare intere
popolazioni per tanto tempo: la
curva….
CLAUDIA
Dei contagi.
ROBERTA
No
NADIA
La curva Sud!
FABIOLA
La curva glicemica?
CESARE
La curva della crescita
ROBERTA
No!
CESARE
La crescita della curva
ROBERTA
No!
FABIOLA
La curva della domanda? O era
dell’offerta! Sono confusa
SARA
La curva delle sopracciglia!
ROBERTA
No!
SONIA
Io lo so. La curva di Gauss.
NADIA
Non fare la professoressa
SONIA
Io sono una professoressa. E poi
scusa, la curva dell’apprendimento
è fondamentale
NADIA
(Mima una gomitata)
Attenta che c’è anche la curva a
gomito!
ROBERTA
Siete fuori strada, parliamo di una
curva stradale
SANDRA
La curva pericolosa!
ROBERTA
No
SANDRA
E allora diccelo!
ROBERTA
È da mò che ci sto provando a
dirvelo. Stiamo parlando della
curva Fanfani.
MUSICA
NADIA
Ahh, la curva Fanfani non mi giunge
nuova. Amintore Fanfani…
FABIOLA
Certo che anche i genitori che
mettono sti nomi, lasciamo perdere.
Non mi piace questa curva… Qui
gatta ci cova. Chi l’ha progettata?
FRANCESCA
L’ingegner Cova
FABIOLA
Lo sapevo.
FRANCESCA
Intervistiamolo. Ingegner Cova,
complimenti per la grande opera e
grazie a nome di tutti gli italiani
ENRICO
S’immagini. Dovere.
FRANCESCA
Girano però strane voci su una
curva e vorremmo fare chiarezza
ENRICO
Quale curva? Da Milano a Napoli ce
ne sono parecchie.
FRANCESCA
La curva Fanfani
ENRICO
Ah, ma non vorrete crederci… è
una leggenda…
FRANCESCA
Siamo sicuri? O ci nasconde
qualcosa? Guardi questa mappa. Non
si può nascondere una curva del
genere!
ENRICO
E va bene,lo ammetto. Non ne potevo
più, mi avevano sfinito!
FRANCESCA
Chi?
ENRICO
I toscani! E gli umbri!
Continuavano a litigare, a tirarmi
per la giacchetta con questa
maledetta curva!
SARA
Ingegnere da Firenze è meglio
restare in Toscana, scendiamo da
questa parte.
ENRICO
D’accordo
SARA
(Rivolta all’umbra)
E beccati questo!
SANDRA
Ingegner Cova dia retta a me da
Firenze a Perugia è tutta dritta e
poi qui ci facciamo una bella
curva.
ENRICO
Perugia? Va bene, per me è
uguale…
SANDRA
(Rivolta alla toscana)
E beccati quest’altro!
SARA
Eh no ingegnere!
L’ingegnere e le litiganti si guardano, poi l’umbra cede
SANDRA
Va bene, mi arrendo.
ENRICO
Una volta convinti gli umbri… I
toscani hanno iniziato a litigare
tra loro!
SARA
Ingegnere, se si potesse curvare
leggermente verso Siena sarebbe
perfetto.
IRENA
Ma quale Siena, serve una curva
verso Arezzo.
SARA
Siena!
IRENA
Arezzo!
Le due toscane ripetono la battuta in un crescendo di rabbia
ENRICO
Bastaaaa! Eravamo diventati la
barzelletta d’Italia, persino Totò
ci prendeva in giro
Video Totò e Peppino
FRANCESCA
E così, ha ceduto. Non ha potuto
dire di no a Fanfani
ENRICO
Vero. Ma cosa vuole… alla fine
abbiamo finito i lavori con tre
mesi di anticipo.
FRANCESCA
Visto? Ve lo dicevo: a volte per
arrivare prima bisogna fare… una
curva.
SCRITTA: ERA IL 4 OTTOBRE DEL 1964
Video Inaugurazione autostrada “O sole mio”.

Fine Scena

3. BOMBE SUI BINARI

CLAUDIA
Era bella la stazione di Chiusi
nell’autunno del 43.
Un edificio imponente con arcate e
finestre neoclassiche.
Solo a guardarla ti dava l’idea
dell’importanza che aveva la
ferrovia per questo territorio.
ENRICO
Con l’avanzata delle truppe alleate
dal sud, e in particolar modo dopo
l’armistizio, la stazione di Chiusi
era divenuta uno snodo
importantissimo per i tedeschi: era
cruciale per rifornire le truppe al
fronte.
NADIA
In quei mesi c’era molto movimento
in stazione. Provate a immaginare:
soldati, ferrovieri, viaggiatori ma
anche gente del posto che lavorava
nell’indotto.
IRENA
Il 21 di novembre era una domenica
e la stazione era in fermento.
Era l’ora di pranzo, le una e mezza
più o meno, quando sentimmo un
rumore inconfondibile. Un rumore a
cui non ci si abitua mai. Tutti
alzammo gli occhi al cielo.
GIADA
Era arrivato da poco un fonogramma
dalla stazione di Terontola,
diceva: “Attenzione: è appena
transitata una formazione di
cacciabombardieri diretta verso
Chiusi”. Erano gli aerei anglo-
americani, le fortezze volanti,
così venivano chiamati: non erano
più aerei nemici, eppure sembrano
avanzare minacciosi.
SONIA
Accadde tutto in un attimo: in
pochi secondi i bombardieri alleati
scaricarono sulla stazione di
Chiusi 27 tonnellate di bombe. Il
fabbricato venne raso al suolo.
CESARE
Sui binari treni rovesciati,
pensiline distrutte, fumo, macerie.
Molti soldati tedeschi che fino a
pochi minuti prima stavano
caricando un convoglio in partenza,
giacevano senza vita, dilaniati.
Alcuni cadaveri galleggiavano
nell’olio delle cisterne che erano
sul treno e che aveva invaso il
sottopassaggio…
MASCIA
Ma le vittime non furono solo
militari. C’eravamo anche noi, otto
civili a testimoniare che la guerra
era arrivata in casa nostra.
Di quei soldati non si sa più nulla
ma i nostri nomi non sono andati
perduti:
CLAUDIA
Sono scolpiti ancora oggi su una
targa commemorativa che si trova
all’ingresso della stazione. Ivo
Lucaccini: avevo 27 anni e lavoravo
qui alla stazione, ero un
ferroviere.
ENRICO
Anch’io ero un ferroviere: mi
chiamavo Raffaele Meoni, ma non ero
giovane come Ivo, avevo 56 anni.
Lavoravo da tanto tempo con il mio
collega Giulio
NADIA
Giulio Crezzini, ferroviere di 48
anni
IRENA
Io mi chiamo Annunziata Rocchini,
55 anni
GIADA
Io Adelaide Bonomini: 35 anni
SONIA
Io mi chiamavo Letizia Bertocci e
avevo 49 anni
CESARE
Giovanni Bertacchi 42 anni: ero di
Ala, in provincia di Trento. Mi
trovavo a Chiusi per un viaggio di
lavoro.
MASCIA
Anch’io viaggiavo per lavoro, ero
un commerciante di Sorano, avevo 49
anni e mi chiamavo Bixio Borsetti.

4. IL BOSCO DEI RICORDI

Lo spettacolo si sposta nella zona alberata e diventa un
piccolo viaggio nella macchia in cui il pubblico può
esplorare liberamente lo spazio ascoltando le storie dei 7
traditori che recitano in loop.

ROBERTA (FRA WINTERIO)

(Come oggetto di
riconoscimento può avere
un saio oppure un mazzo
con 14 chiavi)
Ancora chiusini? ma che folete ta
me. Lo so chi state cercando ma non
sono io. Io sono solo un pofero
frate francescano. Italiano. Zono
italiano di toscana. D’accorto sono
italiano di nord Italia ma non sono
quello che cercate. T’accordo sono
tetesco ma non sono Frate Winterio.
Quello è scappato dal convento con
il santo anello: ha rubato l’anello
per rivenderlo ai perugini, ha
contravvenuto al settimo
comandamento che dice di non
rubare, ha tradito i Chiusini per
andare con Perugia e zecondo voi
zarebbe così stupido da pazzeggiare
tranquillamente per i parchi di
Chiusi. Rischiando il linciaggio?
(piagnucolando)
T’accordo zono io. Zono Frate
Winterio da Magonza. Ero addetto
alla custodia della reliquia e mi
sono lasciato corrompere: vieni da
noi, portaci l’anello, non fi tico
cosa mi hanno promesso. E così una
sera l’ho trafugato e sono corzo a
Perugia a consegnare l’anello. E
quelli mi hanno tradito capite? Mi
hanno tradito, mi fogliono
arrestare. Dovete aiutarmi amici
chiusini. Aiutate un povero
francescano… Lo zo che adesso
l’anello è a Perugia ma ziamo nel
1473. Vi prometto che entro due
anni ve lo restituiscono. Massimo
tre, fe lo dico io. Oh no, ecco che
ne arrivano altri!

SARA (SANTACCIO DA PISTOIA)
(Tiene in mano una
bandiera bianca)
L’ho fatto per voi, dovreste solo
ringraziarmi. L’ho guardato negli
occhi e gli ho detto “Ascanio,
amico mio, abbiamo combattuto
insieme, siamo stati compagni
d’armi e ora ci ritroviamo uno di
fronte all’altro. Guardami negli
occhi Ascanio. Io ho un debito
d’onore con te, mi hai fatto uscire
dalle galere vaticane amico. E non
potrò mai dimenticarlo. La nostra
guarnigione a difesa della città di
Chiusi non è numerosa ma è ben
armata e può resistere a lungo. Si
sta avvicinando la Pasqua amico,
sono pronto a trattare la resa. Tra
due ore apriamo le porte della
città e Chiusi sarà tua senza
spargimenti di sangue. Sono stati
attimi infiniti, scrutava nei miei
occhi alla ricerca della verità. E
mi ha creduto. Quando abbiamo
aperto le porte di Chiusi Ascanio e
Ridolfo sono entrati con 500
uomini. Una volta dentro abbiamo
chiuso le porte. Non hanno fatto in
tempo a capire cosa stesse
accadendo che li abbiamo attaccati
con la milizia dello Strozzi,
entrata di nascosto dai cunicoli
pochi giorni prima. Una Pasqua di
sangue, li abbiamo ammazzati quasi
tutti; non ne vado fiero. Io
Santaccio da Pistoia, il 24 marzo
del 1554, nella notte del giovedì
santo, ho tradito il mio amico
Ascanio della Corgna. L’ho fatto
per voi, chiusini, dovreste solo
ringraziarmi.

GIORGIA (KATIA)

(felice e imbarazzata)
Oggi Nicola mi ha portata al lago,
a fare una passeggiata. È Domenica
pomeriggio, 4 maggio 1986, una
bella giornata, cosa c’è di meglio
che fare due passi al torrente? Ah,
scusate, non mi sono presentata, mi
chiamo Katia Marcantoni, ho 18
anni. Ha rinunciato alla partita
del Chiusi, per me. Ma noi abbiamo
un segreto, sapete? L’abbiamo
scoperto da pochi giorni… non ve lo
posso dire perché siamo matti. Io
sto cercando lavoro e lui fra un
mese ha la maturità al liceo
Calvino, qui alla Pieve. A dirla
tutta sono preoccupata per il
disastro alla centrale nucleare.
Come si chiama? Chernobyl giusto?
Dicono che non dobbiamo mangiare
gli ortaggi e il latte. Potrebbe
nuocere al bambino. Ecco, ora l’ho
detto, non è più un segreto. Sì
siamo giovani ma che importa? Ci
amiamo, lui è stupendo, non ho qui
una fotografia altrimenti ve la
mostrerei subito. È biondo, è
sempre in ordine, ha due occhi
azzurri di ghiaccio ma è un
ghiaccio strano, un ghiaccio che
scioglie… Almeno io mi sciolgo
quando mi guarda. Oggi è
silenzioso, è pensieroso mentre si
passeggia mano nella mano lungo il
canale, lui guarda l’acqua e non
dice una parola. Forse è
preoccupato anche lui per le
radiazioni o forse per la maturità.
(si blocca)
Che c’è amore? perché mi guardi?
Chiudo gli occhi? Cos’è un regalo?
Una collana? Che fai? Ahi, piano.
Così stringi troppo.
(piano arriva la paura)
Non riesco a respirare, cosa stai
facendo? Smettila! Basta! Smee…
ttila ti prego.
(Si blocca, poi riprende)
I giornali hanno dato la notizia:
“non ci sono quindi dubbi che la
giovane sia stata assassinata. Era
una ragazza molto avvenente”. Ah,
certo, ora si capisce.

FRANCESCA (RIZIERI)

Sono partito da Chiusi con una
camicia rossa e mi sono ritrovato a
dare a Jessie James, il bandito più
ricercato d’America, nelle terre di
confine con il Messico. Detta così
non ci si crede, eppure. Avevo
vent’anni e tanta voglia di
libertà, così ho detto “Ciao mamma,
ciao babbo, vado con Garibaldi: qui
si fa l’Italia o si muore”. Gli
ideali muovono il mondo, ti danno
il coraggio di partire. A dirla
tutta avevo combinato un mezzo
guaio con una ragazza del paese, si
chiamava Maddalena; me lo ricordo
perché il suo nome mi ha
accompagnato tutta la vita, come se
fossimo rimasti sempre insieme:
Maddalena. Be’, suo padre mi stava
cercando, anche questo è uno
stimolo a fare le valige. Ci siamo
imbarcati a Orbetello e siamo scesi
a Messina. Ora non vi sto a
raccontare quello che ho visto, ma
i miei ideali in Sicilia hanno
cominciato a vacillare. Fatto sta
che ho combinato un guaio con una
donna. Eh lo so. Eravamo
acquartierati nella villa di un
barone. La moglie, bella donna,
aveva una tresca con un ufficiale.
Ma sono bastati un paio di sguardi…
E come dire… diventai l’amante in
seconda. L’ufficiale se ne accorge
e lo dice al barone, pensa un po’
che cuor di leone. Questo prende la
pistola e spara due colpi. Con il
primo uccide la moglie e con il
secondo mi manca per un soffio.
Allora prendo anch’io la pistola,
ma io miro bene. Due colpi. Il
primo uccide il barone, il secondo
l’ufficiale. Poi via di corsa su
una nave inglese e poi in America,
nel far west. Addio camicia rossa.
In America se spari bene parti con
il piede giusto. Cacciatore di
taglie, ve l’ho detto di Jessie
James? Ma ora sono tornato, sono
vecchio e stanco e solo. Non ho
parenti, non ho amici.
(guarda una persona)
E tu? Perché mi guardi così? Hai un
che di familiare… È come se ti
conoscessi. Un momento: come si
chiama tua mamma? Maddalena?

ROSA MORANDINA

Pazienza! Pazienza! Arrivo!
(Mima il gesto di aprire
la porta)
Sto cucinando e devo far bruciare
la zuppa perché questi insistono.
(Apre la porta e cambia
subito umore)
– Diamine! Siete voi, buccherato
sofistico! Avete portato i vostri
amici archeologi a mangiare dalla
Rosa eh? Rosa Morandina, prego,
entrate che ce n’è per tutti.
Chissà che paroloni tirerete fuori
per convincermi a farvi un altro
sconto, con tutta la compagnia che
avete portato. Per questo lo chiamo
sofistico. Vince sempre lui.
Allora? Siete sempre celibe? E cosa
avete trovato nei vostri scavi? Non
esagerate con le scoperte che poi
diventiamo troppo famosi. Vi trovo
dimagrito… Ma vi danno da mangiare
in Germania? Ehi voi
(rivolta a delle aiutanti
fuori scena)
Sbrigatevi con il caffè e le
pagnotte. Scusate ma non vi
aspettavamo così presto, belli
siete. Ma un po’ sciupati eh.
Adesso fate una bella colazione
dalla Morandina e poi stasera zuppa
di crauti piccanti, fritto e
naturalmente il mio abbacchio
speciale. Ve lo dico io, vi
conviene godervela finché dura,
ancora qualche anno e vi
tratteranno tutti come turisti.
Finché ci sono io siete di casa.
Che c’è vi vedo pallidi? Avete
freddo? Vedi un po’ che vi si sta
alzando la temperatura, non
c’avrete mica anche voi la febbre
etrusca? Dicono che ci sono diverse
ladies qui in giro che l’hanno
presa, hanno delle maniche quelle
che non si capisce come l’hanno
cucite. Via se volete partire in
cerca di qualche reperto io vado
avanti a fare la cena. Però state
attenti eh, che qui intorno è un
attimo farsi fregare coi falsi, qui
intorno l’unica vera è la
Morandina.

5. PASSAGGIO A LIVELLO

Si sentono i rumori di sottofondo della strada
SFONDO CHIUSI SCALO
In scena Mascia e Francesca su un volkswagen T2 si stanno
dirigendo verso Città della Pieve
MASCIA (MARITO 1)
Non preoccuparti cara vedrai che ce
la famo
FRANCESCA (MOGLIE 1)
Devo essere al lavoro alle nove e
mezza, puoi accelerà?
MASCIA (MARITO 1)
Ma amore sono le 8.50 e siamo già a
Chiusi Scalo, in un quarto d’ora
arriviamo a Città della Pieve, stai
tranquilla!
SFONDO PO’ BANDINO
In scena Sandra e Fabiola su una FIAT 126 immaginaria si
stanno dirigendo verso Chiusi
FABIOLA (MARITO 2)
Non preoccuparti cara vedrai che ce
la facciamo
SANDRA (MOGLIE 2)
Devo essere al lavoro alle nove e
trenta, puoi accelerare?
FABIOLA (MARITO 2)
Ma amore sono le 8 e 50 e siamo già
a Po’ Bandino, in un quarto d’ora
arriviamo a Chianciano, stai
tranquilla!
Si sente la campanella del passaggio a livello. La chiusura
della strada viene accompagnata con un: Noooo! Arrivano tutte
le auto.
GIORGIA (CAPOTRENO)
Questo è il racconto di una mattina
tipica al passaggio al livello di
Chiusi Scalo, raccontata in alcuni
articoli del giornale “Pieve
Nostra” del 1969.
GIADA (PASTICCERA)
A 10 minuti dalla chiusura delle
sbarre passa un piccolo convoglio
di manovra.
MUSICA TENCO: PASSAGGIO A LIVELLO
SARA (MARITO 3)
E ci volevano 10 minuti per far
passare quel catorcio!
CLAUDIA (MOGLIE 3)
Caro, non esagerare, ora si
riparte! Vedrai che adesso si
alzano le sbarre
SARA (MARITO 3)
Ho un appuntamento di lavoro!
Forza!
GIORGIA (CAPOTRENO)
Ore 9 e 04 passa un treno
proveniente da nord.
Passa un treno, poi la scena passa a Po Bandino
ROBERTA (MOGLIE 4)
È davvero incredibile. Sembra di
essere tornati al Granducato di
Toscana e allo Stato Pontificio.
Questo non è un passaggio a
livello, è una dogana.
CESARE (MARITO 4)
Guarda, scendono tutti a fare
colazione al bar. Ma quanto durerà
ancora quest’attesa? Si sono
dimenticati la sbarra?
GIADA (PASTICCERA)
Ore 9 e 08 passa un treno
proveniente da sud. La gente nei
bar, finisce la brioche e torna
alla macchina pronta a suonare il
clacson.
Suono di clacson
SONIA (SINGLE CHIUSI)
Da questa parte la coda è
micidiale, le automobili arrivano
al consorzio agrario!
ENRICO (MARITO 5)
Da questa parte arrivano al ponte,
pensi un po’ lei!
CLAUDIA (MOGLIE 3)
Sarebbe ora di trovare una
soluzione, non è possibile
continuare con questo passaggio a
livello!
IRENA (MOGLIE 5)
Già, gli unici contenti sono i
commercianti qui sotto, lo vorrei
anch’io un passaggio a livello
davanti al mio bar, hai voglia a
cappuccini!
(entra in scena il Secca)
Eccolo un altro contento di questa
situazione! Caro chiudi… Chiudi che
arriva il Secca.
ENRICO (MARITO 5)
Ma perché non vai a chiederli a
quelli davanti?
Buio. Si sente la campanella del passaggio a livello: voci di
sollievo per le sbarre che finalmente si rialzano.
GIADA E GIORGIA
Nel 1986 la costruzione del
cavalcavia pose fine al gravoso
problema del passaggio a livello.
CAMBIO LUCE SUL SECCA
MASCIA (IL SECCA)
Ma che c’avranno da lamentasse. Se
sta così bene qui… C’è il sole, gli
uccellini, i campi intorno e sto
profumo de… De ferro. Tipo de
ferro, boh, questo dei binari a me
me piace. E poi sto qui e me piace
guardarli mentre chiacchierano e si
lamentano, però sono simpatici… E
io qui ci sto proprio bene.

6. CHIUSI SOTTERRANEA

ROBERTA
Dicono gli anziani che doveva
esistere nel cortile del Palazzo
Bonci-Casuccini, lì, all’angolo di
via Porsenna con via Bonci, un
pozzo profondo alla cui base si
trovava il laghetto di fonte Branda
IRENA
Dice Gigi che nella latteria c’era
un pozzo. Calavi la corda e tenevi
fresco il formaggio. Poi lui se
n’era andato e allora avevano
costruito un muretto.
SANDRA
Misura. Metri 1 e 19. Un piccolo
foro. Diametro 12 cm. Lo senti il
soffio di aria umida e fresca? Cala
uno spago con il peso. Cala cala,
plof. 25 metri. acqua. Forse forse…
SARA
La mattina del 22 luglio apriamo un
pertugio. Cala la scala, 30 metri.
àncora la carrucola. Fissa la corda
di sicurezza. Inizia la discesa.
SONIA
Misura. 1 metro. La parete sinistra
scende lentamente, nella parete
destra una conduttura in cotto per
immettere nel pozzo l’acqua
piovana. Poi una cupola, grossi
blocchi di travertino.
FABIOLA
Siamo a 4 metri dall’orlo del
pozzo. Guarda in alto. L’imbocco
sembra modificato, ma la semi-
cupola e l’arco cieco a tutto sesto
hanno tutta l’aria di essere
originali, fanno pensare alla
cisterna etrusco-romana sotto la
torre campanaria.
NADIA
Al di sotto dell’arco la parete
continua in blocchi di travertino.
C’è un finestrino moderno richiuso
a mattoni, comunica con gli
scantinati attigui. Termina il
rivestimento in blocchi di pietra.
Il pozzo prosegue scavato
direttamente nell’arenaria.
CESARE
La discesa prosegue completamente
nel vuoto, il pozzo si allarga in
modo regolare. Misura. 4-5 metri di
diametro. L’ambiente è molto
suggestivo: il silenzio è rotto da
un intenso stillicidio che, per
qualche strano effetto acustico,
assume una risonanza quasi
metallica vagamente onirica e
leggendaria;
FRANCESCA
A tratti le pareti sono coperte di
un translucido velo concrezionato;
sul fondo brilla, quasi cielo
notturno a rovescio, l’acqua
limpida; sembra di essere in una
grotta invece che in un pozzo
scavato artificialmente.
MASCIA
Misura. 10 m di profondità, sul
lato Ovest-Sud-Ovest, si aprono due
cunicoli affiancati. Intorno hanno
una muratura in blocchi, segno che
le pareti sono state regolarizzate.
E che i cunicoli sono più antichi
del pozzo, da qui non ci si arriva
per esplorarli.
GIORGIA
La discesa prosegue con la scala
quasi al centro, lo stillicidio
aumenta; qualche velo d’acqua cola
lentamente. Nella roccia friabile
grossi chiodi arrugginiti, segno di
esplorazioni del passato.
ENRICO
Misura. 25 metri. Si tocca la
superficie dell’acqua; si riconosce
il laghetto di Fonte Branda. Ecco
il muretto coi finestrini. L’ultima
volta ci eravamo arrivati in
canotto superando la frana e le
sabbie mobili. Ora l’acqua è
limpidissima. Guarda. Sott’acqua le
opere in muratura. Alle spalle e ai
lati i cunicoli sommersi.
CLAUDIA
Si assapora la gioia di trovare
piena conferma alle supposizioni e
ai calcoli, di rivedere un ambiente
così suggestivo e misterioso, dove
il tempo scandito dallo stillicidio
sembra essersi fermato, mentre al
di sopra procede convulsa la vita
di ogni giorno.
GIADA
È inevitabile qualche attimo di
contemplazione, poi si torna al
lavoro: documentare, osservare,
misurare, fotografare, risalire
lungo il sottile legame con
l’esterno, per dare anche agli
altri il tempo di vivere le stesse
sensazioni

7. IL RITORNO DI BRONZETTO

MASCIA, FABIOLA, SONIA
Le tre custodi dei musei di Chiusi si trovano su tre
differenti praticabili: le prime ad entrare sono Sonia per il
museo della cattedrale e Fabiola per il museo civico.
SONIA
Buonasera Franca
FABIOLA
Ciao Elena, tutto tranquillo?
SONIA
Non hai visto i carabinieri?
FABIOLA
Dove?
SONIA
Tutto il giorno davanti al museo
Nazionale
FABIOLA
No? Non dirmi che c’è stato un
furto!
SONIA
Spero di no, ma di certo non
facevano la visita guidata, ecco
Teresa.
Li hanno catturati?
MASCIA
Buonasera ragazze, che giornata
incredibile oggi.
FABIOLA
Cos’hanno preso quei maledetti?
SONIA
MASCIA
Cosa?
SONIA
Abbiamo visto i carabinieri davanti
al museo.
MASCIA
Ah sì certo
FABIOLA
Abbiamo pensato a un furto…
MASCIA
Ma quale furto, tutt’altro. Erano i
carabinieri del comando per la
tutela del patrimonio culturale. Ci
hanno riportato un bronzetto
chiusino dal nord Italia, tutta una
festa che non vi dico
SONIA
Ma quello che avevano trafugato nel
’71?
FABIOLA
Cos’è successo nel ’71?
MASCIA
Hanno portato via un bel po’ di
cose, un bronzetto appunto, ma era
un altro, un gemellino diciamo, poi
un grande cinerario e altri
reperti, mai più ritrovati. Un
giorno triste per Chiusi e anche
per noi.
FABIOLA
Ti capisco! Dev’essere il destino
dei custodi dei musei. A forza di
stare con i reperti ci si
affeziona, sono come dei figlioli:
io ho 500 figliole, le mie
epigrafi… Non me le toccate perché
va a finire male!
SONIA
E i miei codici miniati? Nell’87
quasi faccio un’infarto. Non sai
cos’è successo: li avevano rubati
tutti, per fortuna li abbiamo
ritrovati dopo pochi giorni. La
gente non lo sa ma per proteggerli
bisogna sempre stare all’erta
MASCIA
A volte vanno protetti anche da noi
custodi… La sapete la storia del
vaso Francois?
SONIA
Questa me la sono persa
MASCIA
Una grande vaso, un capolavoro
Chiusino custodito a Firenze.
Custodito si fa per dire, nel 900
due custodi si mettono a litigare,
arrivano a lanciarsi uno sgabello e
lo centrano in pieno. Frantumato.
SONIA
Davvero?
FABIOLA
Non ti credere, ne capitano di
tutte. Capitasse una cosa del
genere alle epigrafi… Non ci voglio
neanche pensare
SONIA
Posso dirvi un segreto? Io a volte
parlo ai capilettera dei miniati.
FABIOLA
Ah tranquilla pure io, alle
epigrafi, ci faccio dei discorsi,
le sgrido, spero sempre che non mi
senta nessuno!
MASCIA
Non sai le chiacchiere che faccio
con i miei reperti, e la sfing… a
volte sembra che mi stia ad
ascoltare…
Ti capisco
SONIA
FABIOLA
Anch’io davvero… Forse lavoriamo
troppo. A proposito, buona notte,
io sono cotta a puntino
SONIA
Vado anch’io, qui a forza di
parlare con gli oggetti ci partirà
qualche rotella
Fabiola e Sonia escono
MASCIA
La sfinge che parla… Già,
dev’essere la stanchezza. Eppure…
Mascia esce.
VIDEO BRONZETTO

8. IL TEATRO

Gli attori sul prato antistante il teatro raccontano mentre
un video viene proiettato sul muro.
SARA
Quando ti siedi in platea ad
aspettare l’inizio e ti volti a
vedere se riconosci qualcuno
CLAUDIA
Quando chiudi la porta di un
palchetto e provi quella sensazione
di intimità, perché dal palchetto è
tutta un’altra storia
ENRICO
Quando… Sala, mezza sala, buio,
silenzio, poi il rumore del sipario
che scorre.
FABIOLA
Quando ti trovi dall’altra parte,
quella di chi racconta, e prima di
cominciare stai ad ascoltare il
mormorio del pubblico dietro al
sipario chiuso. Quanti sono? È
pieno?
GIADA
Quando si apre il sipario e ti
trovi faccia a faccia con gli
spettatori. Occhi negli occhi:
siamo pronti ad affrontare un nuovo
viaggio insieme
NADIA
Sono trascorsi 83 anni un mese e 5
giorni dall’inaugurazione del
teatro Mascagni: 30353 giorni di
storie. E prima?
SONIA
Prima c’era un teatro in via
Mecenate. A dire il vero non era un
vero e proprio teatro: era piccolo,
con le scale d’accesso ai palchi
molto ripide e strette…
GIORGIA
E non tutti i palchi erano, come
dire, abitabili… Alcuni erano
finti, non ci potevi entrare: sulle
pareti di quei palchi i proprietari
avevano fatto disegnare vari
personaggi femminili che fungevano
da pubblico. Geniali.
SANDRA
Andò a finire così: si narra che un
gruppo di giovani, entrando una
sera in modo sguaiato all’interno
di un palco fece crollare il
sottile muro che separava il teatro
da una casa privata irrompendo
nella camera da letto dei vicini
che stavano dormendo.
ROBERTA
Era evidente, serviva un nuovo
teatro. Clic.
(Si vede l’immagine
dell’inaugurazione)
Da destra il conte Enrico Galeotti
Ottieri della Ciaja, Il podestà
Piero Galeotti, il Maestro Pietro
Mascagni, la signora Mascagni e il
segretario del maestro Antonio
Carbognani vestito di bianco.
SARA
Di tutte le storie che sono passate
tra queste mura vogliamo ricordarne
una: la più vera, la più
drammatica.
Si sentono bombe. Scritta 22 giugno 1944
NADIA
È ancora buio quando raggiungiamo
Chiusi. Il maggiore Bartlett ci
chiama dentro il teatro che egli
aveva già occupato. Aspettiamo.
SONIA
Alle prime luci dell’alba vediamo
la fanteria nemica attraversare le
cime di un tetto: facciamo fuoco
tirando dalle finestre circolari
del teatro, causiamo molte perdite
al nemico.
GIADA
Entra in scena un carro armato e si
ferma sulla strada di fronte a noi:
apre il fuoco, l’edificio è tutto
scosso, crolla parte del tetto ma
non ci sono danni seri, per il
momento. La fanteria nemica che
aveva preso posizione proprio sotto
di noi nel giardinetto a fianco del
Duomo incomincia a sparare su tutte
le finestre togliendoci ogni
possibilità di esporci. Non
possiamo più attaccare
FABIOLA
Quando il nemico si accorge che non
riesce a farci uscire prova con
piccoli cannoni contro il teatro,
ma niente. Allora salgono alcuni
uomini per la scala del loggione:
Il sergente ed io,che siamo di
guardia alla porta, li facciamo
desistere dal tentativo d’assalto
uccidendone due e ferendone
gravemente altri.
ENRICO
Dopo circa quattro ore e mezza di
battaglia i tedeschi riescono ad
aprire una breccia nel muro a furia
di cannonate e con raffiche di
fuoco di mitragliatrici.
GIORGIA
Il tetto comincia a crollare, il
fabbricato è pieno di fumo da non
vederci e molti uomini sono feriti
compresi gli ufficiali.
Sarebbe un suicidio restare nello
stabile che da un lato ha pure
preso fuoco. Ordino agli uomini che
non sono feriti di seguirmi giù per
le scale in un disperato tentativo
di uscire. Il fumo dovrebbe
nasconderci, forse riusciamo a
fuggire, andiamo!
SANDRA
Ma quando arriviamo sulla strada ci
troviamo di fronte alle bocche di
sei cannoni a quindici metri di
distanza e dobbiamo arrenderci.
ROBERTA
Ciò che era rimasto delle quattro
mura del teatro racchiudeva uno
spettacolo terrificante: un
pavimento coperto da sangue e
calcinacci che a loro volta
celavano i corpi dei morti e dei
feriti.
FINE VIDEO
SARA
Quando ti siedi in platea ad
aspettare l’inizio e ti volti a
vedere se riconosci qualcuno
CLAUDIA
Quando su quel palco ho visto per
la prima volta mia figlia
CESARE
Quando provavo l’inferno di Dante e
sentivo strani rumori provenire dai
palchetti vuoti… inquietante…
ROBERTA
Quando durante lo spettacolo ho
alzato gli occhi e al terz’ordine
visto lo zio Giuliano che è venuto
solo e solo per me
SANDRA
Quando nel 2021 ho portato sul
palco Shakespeare insieme a dei
professionisti
FRANCESCA
Quando Roberto si è tolto la
maschera e ho visto il suo sorriso
per la prima volta
SARA
Quando al paesino di Sant’Ilario ho
sentito le prime note di De Andre’…
FABIOLA
Quando ho visto scendere una
lacrima dagli occhi di uno
spettatore
GIADA
Quando 5 minuti prima del debutto
del paesino mi prese lo sconforto e
tutta la compagnia era lì per
supportarmi
NADIA MASCIA
Quando il giorno della prima del
paesino, piangendo per le scale
della sartoria, dissi, io con
questo non ci fo’ più niente…
IRENA
GIORGIA
Quando per lo spettacolo mi lasciai
cadere giù dal palco per poi
trovare la presa di un mio compagno
FINE
SONIA
Quando, dopo tanto tempo, mi
ritrovai a recitare sul palco del
Mascagni con tutte le persone più
care con cui avevo iniziato a
recitare la mia prima volta
ENRICO
Quando non potevamo entrare a
teatro ma abbiamo continuato a
raccontare.
MACCHIATI
Quando il 2 Agosto del 2021
srotolammo trecento metri di
memoria e tornammo a camminare
insieme per raccontare che
l’identità è un percorso ed esiste
solo in relazione all’altro. Se
cambiassimo per un momento il punto
di vista e vedessimo questi
trecento metri come la storia della
Terra, noi tutti saremmo uniti in
un piccolo centimetro rosso: ognuno
con in mano il suo filo.

MUSICA: LA STORIA SIAMO NOI
VIDEO CON VARI LAVORI FATTI NEGLI ANNI A CHIUSI